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Fotografia di Don Enrico Tazzoli
M.M. Foggia, Martiri di Belfiore, 1905
Fazzoletto con il ritratto di Vittorio Emanuele II

Museo della Città - Palazzo San Sebastiano
16 marzo - 29 maggio 2011
a cura di Stefano Benetti

In occasione del 150° anniversario dell ’ Unità d ’ Italia i Musei Civici di Mantova propongono nella sede di Palazzo San Sebastiano una nuova esposizione volta ad indagare , all ’ interno del più vasto quadro di riferimento nazionale, sia i presupposti ideali che hanno portato alla costituzione, all ’ inizio del Novecento, del Museo del Risorgimento di Mantova, sia la funzione e il ruolo ad esso assegnato (l ’ idea di museo, cosa dovessero comunicare gli oggetti esposti e soprattutto a chi dovessero rivolgersi). Con l ’ obiettivo di restituire tale visione d ’ insieme, la mostra si concentrerà sulla ricostruzione della propos ta di ordinamento museale inaugurata nel 1903 in Palazzo Accademico. Que sto ordinamento museale si muoveva su due dinamiche: da una parte focalizzava l ’ attenzione sull ’ esaltazione del patrimonio civico risorgimentale raccolto tramite donazioni, dall ’ altra tendeva ad enfatizzare la dimensione “ eroica ” dei Martiri di Belfiore. Nell ’ esposizione il visitatore potrà così constatare come quel progett o sembri anticipare la mozione finale uscita dal dibattito sui musei in occasione del “ Primo Congresso storico del Risorgimento ” tenutosi a Milano nel 1906. Tale mozione , avanzata dal Direttore del Museo del Risorgimento di Milano, Ludovico Corio, e dal deputato repubblicano Luigi De Andreis, subordinava la rigorosa selezione del materiale esp ositivo all ’ assunto che i musei dovevano “ avere sempre di mira, anche nell ’ ordinamento, lo scopo educativo e popolare al quale sono diretti ” .
Lo stesso De Andreis ribadiva che l ’ intento dei musei del Risorgimento non era solo quello di “ raccogliere documenti ma d ’ influire sull ’ animo delle nuove generazioni ” , anche queste ultime propense “ ad educare le generazioni venture ai sentimenti di patria, di amore, di sacrificio che sentirono i nos tri padri ” . Questa posizione dava voce alla tradizionale “ visione religiosa ” o “ religione della Patria ” , che rappresentava sin dalle origini il cardine dell ’ operazione culturale dei musei del Risorgimento. Si trattava di una visione dove l ’ ordinamento museale esaltava la retorica sentimentale del mito del Risorgimento e raccontava una storia drammatica d i eroismi militari e sacrifici individuali. Il Museo della Città in occasione della mostra presenterà dunque u na esposizione di cimeli, dipinti, stampe, armi, bandiere e altre testimonianze riferite in particolare ai Martiri di Belf iore, che per la prima volta vennero esposte al pubblico nel 1903 in occasione dell ’ inaugurazione del Museo del Risorgimento di Mantova in Palazzo Accad emico. L ’ ordinamento espositivo riproposto secondo l ’ Inventario stilato tra il 1903 e il 1907 da Giuseppe Lanzoni, consente di scoprire i tratti distintivi del museo mantovano e di rileggere gli ambiziosi presupposti che fondavano, tra fine Ottocento e inizio Novecento, la nascita dei musei del Risorgimento: essere l ’ asse portante della pedagogia della nazione, dando così continuità a quel percorso di costruzion e della patria che presupponeva, secondo il motto coniato da D ’ Azeglio, che dopo aver fatto l ’ Italia “ bisognava fare gli italiani ” .
Le origini dei musei dedicati al Risorgimento risalgono alla fine d ell ’ Ottocento. I nuovi istituti nascevano, per iniziativa dei municipi, proponendo il connubio tra identità locale, fondata sulle glorie patriottiche cittadine, e identità nazionale. Con delibera di giunta 23 febbraio 1894, anche Mantova, che poteva vantare , con la congiura di Belfiore e il garibaldinismo, una significativa partecipazione al processo di u nificazione nazionale, decretava l ’ istituzione del proprio Museo del Risorgimento. A tal fine, il Sindaco Rocca si appellava a tutti i mantovani perchè consegnassero al Municipio i ricordi patriottici in loro possesso. Il Museo nasceva così attraverso donazioni di sindaci e di privati ci ttadini. Si trattava per lo più di offerte di singoli pezzi o di poche unità di oggetti (a differenza di altri musei che traevano origine da consistenti lasciti) riferiti in particolare ai congiurati di Belfiore e ai garibaldini mantovani. Numerosi erano anche i cimeli appartenuti a Garibaldi. Nel gennaio 1903 il sindaco Scalori determinava di inaugurare il Museo il 3 marzo successivo, giorno delle celebrazioni del 50° anniversario dei Martiri di Belfiore. Nel ri cordo dei Martiri il Museo trovava dunque un immediato ancoraggio identitario, come veniva confermato anche nella scel ta del materiale esposto in una sala del Palazzo dell ’ Accademia, prima sede del Museo. Secondo i presupposti dei suoi organizzatori il Museo doveva co nfigurarsi come “ pubblico Sacrario delle memorie patrie ” e rivolgersi “ alla mente del popolo perché non avesse a scordare quanto sia costata e s ia preziosa la unificazione d ’ Italia ” .

Ai visitatori il nuovo Museo si presentava come luogo privilegiato d i culto laico: “ una specie di cupola votiva nella quale troneggia nel mezzo un mobile, entro cui sono conservate tutte le memorie dei martiri di Belfiore ... religiose memorie di un valore indiscusso ” , “ la cosa più sacra nello stesso ambiente del sacrario della Patria ” . Il riferimento era agli oggetti personali appartenuti ai Martiri: brani di fazzolett i, petti di camice, fibbie di cinture, bottoni, brandelli di collarini, ma anche denti e ciocche di capelli espo sti per offrire di loro una testimonianza fisica oltre ch e una immagine sacrale. Tutt ’ intorno a questa vetrina, trovavano esposizione i cimeli relativi ad altr i personaggi ed avvenimenti del Risorgimento. Il Museo diveniva così luogo emblematico dove venerare le “ reliquie ” dei mantovani che si erano sacrificati in nome dell ’ unità nazionale e spazio votato ad “ alimentare la fiamma sacra del patriottismo ” e a trasmettere alle giovani generazioni “ il culto delle sante memorie ”.

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