La camera prende il nome dall’impresa gonzaghesca raffigurata al centro dell’alta volta a padiglione poggiante su lunette e peducci. L’impresa nell’oculo centrale della volta vede dipinto un fascio di frecce tenuto insieme da un nastro che porta scritto il motto: “NON SON TALES MYS AMORES” (“Non son tali i miei amori”). Dall’oculo centrale le frecce si irradiano sulla volta raggiungendo le lunette decorate con imprese gonzaghesche legate in particolare alle figure di Francesco Gonzaga e Isabella D’Este. Si riconoscono, alternate con quella ripetuta delle frecce, una serie di imprese tutte connesse a virtù d’amore: quella della Tortora (impresa d’amore e in particolare d’amore vedovile), quella della mani in Fede (impresa del vincolo coniugale che dura oltre la morte), quella delle Ali (impresa di fedeltà), quella del cane Alano (impresa di fedeltà), quella della Museruola (impresa della cautela), quella della Cervetta (impresa della mansuetudine), quella del Guanto (imprese della fede immutabile).
La camera fu aggiunta al corpo centrale dell’edificio negli anni immediatamente successivi al 1507 quando il palazzo risulta terminato nel corpo longitudinale. La costruzione di una nuova cinta muraria in sostituzione di quella cinquecentesca, permise infatti un ampliamento del piano nobile verso sud. Le due camere vengono infatti ad appoggiarsi su un tratto delle nuove mura e sulla copertura a volta del sottostante cammino di ronda. Entrambe le camere si affacciavano verso l’isola del Te allora circondata dalle acque del quarto lago di Mantova.