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G. Fattori, Battaglia di Porta Capuana, 1860
F. Zennaro, La battaglia di Bezzecca
G. Induno, Legionario garibaldino alla difesa di Roma, 1849

a cura di Stefano Benetti
  Museo della Città di Palazzo San Sebastiano
  14 ottobre 2007 - 13 gennaio 2008
  La mostra è corredata da catologo edito da Skira"Gli italiani hanno trovato il loro più grande generale dei tempi moderni in Giuseppe Garibaldi, il geniale condottiero della lotta di guerriglia”, così scrive lo storico inglese Denis Mac Smith nella sua Storia d’Italia dal 1861 al 1969.

Certamente lo ha riconosciuto come il proprio indiscusso Generale quella schiera numerosa di giovani volontari garibaldini che a lui si sono uniti per combattere.
Lo hanno seguito con entusiasmo sia agli ordini della Repubblica Romana, sia in nome di Vittorio Emanuele II. Lo hanno seguito male armati, male equipaggiati, sopportando marce snervanti, inseguiti dal nemico, su strade impraticabili, sotto il sole canicolare o piogge torrenziali. Hanno condiviso assalti alla baionetta decisi dal Generale secondo una logica guerrigliera che li voleva sempre davanti a tutti, sempre all’assalto, sempre in prima fila e all’offensiva. Lo hanno seguito nelle sue ritirate disperate, come quella dopo la caduta della Repubblica Romana, per poi essere arrestati dagli austriaci.
Hanno sacrificato la loro vita o hanno rischiato di morire per salvarlo. Lo hanno raggiunto a Genova nel ’60, sfidando i dinieghi delle famiglie, senza denaro e senza altri indumenti se non quelli che indossavano, a piedi o su un carretto, per entrare a far parte dei leggendari “Mille” e partire per la Sicilia con un piroscafo. Si sono inscenati dei finti Garibaldi per consentire a lui di eludere la sorveglianza di chi lo teneva prigioniero. Hanno sfidato gli eserciti francesi e pontifici, nel ’67, a unità avvenuta, per conquistare Roma. Hanno risposto ad ogni sua nuova chiamata alle armi anche dopo aver provato cosa significava combattere a fianco di un condottiero poco incline a muoversi secondo i metodi della tradizione militare, perché dominato dalla spregiudicatezza del suo essere guerriero.

Di questi uomini una schiera numerosa era formata da mantovani, sin dalla prima ora a fianco del Generale. Una schiera valorosa di “leoni”, come lo stesso Garibaldi li definì rivolgendosi a un volontario mantovano e ai suoi compagni dopo la battaglia di Milazzo.
Solo alcuni erano o sarebbero divenuti noti e illustri patrioti del Risorgimento mantovano, come Acerbi, Chiassi, Sacchi, Nodari, Nuvolari, Finzi, i fratelli Bronzetti, ecc. Per la maggior parte si trattava di anonimi giovani uomini, sarti, osti, candelatori, studenti, fotografi, muratori, preti, giardinieri provenenti da ogni località delle terre mantovane. Giovani uomini sconosciuti che tali sono rimasti.
La mostra “I leoni di Garibaldi” intende raccontare di tutti loro, attraverso i cimeli che sono loro appartenuti e i dipinti, le stampe e le fotografie che li ritraggono o che illustrano le battaglie e i luoghi dove essi hanno combattuto, preziose testimonianze di quel passato illustre, ora in gran parte appartenenti alle Collezioni Risorgimentali del Comune di Mantova. Sempre di loro parlano le camicie rosse, le divise, le armi che con orgoglio hanno vestito e portato, e le medaglie e gli attestati di benemerenza che hanno reso eterno il loro sacrificio.

I pregevoli dipinti Legionario alla difesa di Roma, Episodio della battaglia di San Fermo, La morte di Narciso Bronzetti a Treponti, Battaglia di Porta Capuana o del Volturno, rispettivamente di Gerolamo Induno, Angelo Trezzini, Eleuterio Pagliano, Giovanni Fattori o le suggestive acqueforti e litografie ottocentesche dell’album con i Fatti della difesa di Roma e dell’Album di Garibaldi in Sicilia ci restituiscono invece le fasi dell’epopea del Generale e dei suoi legionari.

Stefano Benetti, Direttore Musei Civici

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