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ladonemonaco2Nella sala dei Cavalli, al di sopra dei destrieri prediletti da Federico II Gonzaga, sono dipinti monocromi che imitano bassorilievi di bronzo, sbalzati con vigoroso risalto. Raffigurano alcune Storie di Ercole: quattro delle dodici celebri Fatiche e gli episodi di Ercole e Anteo ed Ercole e Deianira. Le Fatiche sono Il leone di Nemea, Il toro di Creta, Il cane Cerbero e una quarta, sinora letta da tutti come L’idra di Lerna. In realtà, quest’ultimo riquadro raffigura Ercole nudo, che con la ‘leonté’, vale a dire l’invulnerabile pelle del leone Nemeo, avvolta al braccio sinistro a mo’ di scudo, si appresta a vibrare un micidiale colpo di clava su un grosso serpente che gli si avvinghia a una gamba e punta al suo volto, con le fauci spalancate. Il serpente non assomiglia all’idra che appestava le sponde del lago di Lerna, nell’Argolide, dal cui corpo di drago si dipartivano nove teste. Ercole le decapitava, ma da ogni mozzicone spuntavano altre due orribili teste. Finalmente, su consiglio di Minerva, l’eroe riuscì ad avere la meglio bruciando i mozziconi appena recisi. Nulla di tutto questo si vede nel riquadro di Palazzo Te; l’iconografia classica, invece ci presenta immagini riferibili a un’altra Fatica, il furto delle mele d’oro dal giardino delle Esperidi. Tra le varie difficoltà affrontate da Ercole per soddisfare l’undicesima richiesta di re Euristeo, ci fu la lotta con il serpente Ladone, guardiano del prezioso giardino, posto in Mauritania, al limite occidentale delle terre note. Ladone era figlio di due divinità marine, Forcide (o Forco) e Ceto, secondo varie fonti fratello delle Gorgoni e di altri terribili mostri, come Scilla. Ercole uccise Ladone, “draconem immanem”, immane serpente, come lo definisce Igino Astronomo, riuscendo in seguito a gabbare Atlante e a tornare da Euristeo con il dono delle mele d’oro. Giunone volle portare in cielo Ladone e lo trasformò nella costellazione del Draco, o Drago, che si estende per ampio tratto del polo artico: “quassù scivola in sinuose spire il Serpente, attorno e attraverso le due Orse”, afferma Virgilio (Georgiche, I, 244-245).

ladonemonacoUna suggestiva raffigurazione della costellazione è offerta da Lorenzo Costa nella camera dello Zodiaco di corte Nuova, in Palazzo Ducale. Nel dipingere la lotta tra Ercole e Ladone, Giulio Romano attinse alle proprie vaste conoscenze iconografiche del mondo antico. Era collezionista di sculture, monete, gemme incise, oltre che attento osservatore di ogni raffigurazione mitologica che l’antica Roma potesse svelare ai suoi occhi di appassionato ricercatore. Tra questi materiali, non identificato, si trovava certamente l’exemplum utilizzato per la sala dei Cavalli. Le Fatiche di Ercole godettero di una fortuna iconografica ampia nel mondo antico, e anche l’undicesima, riguardante le mele delle Esperidi, è documentata da immagini (affreschi, mosaici) affiorate negli scavi o eseguite su oggetti conservati nei musei. Tra i vari esempi, proponiamo un bassorilievo tardoromano in terracotta custodito alle Staatliche Antikensammlungen di Monaco di Baviera (inv. SL89), ove si nota qualche assonanza compositiva con l’affresco giuliesco di Palazzo Te.

Ugo Bazzotti maggio 2009